La figura della donna, a Napoli, ha sempre avuto un certo peso. Senza scomodare nobildonne e dive del cinema, benefattrici e studiose, se si percorre a ritroso la storia della capitale partenopea, non si potrà fare a meno di incontrare “personaggi femminili”: dee, sirene e maghe sono profondamente legate a Napoli e alle sue leggende, tanto che proprio l’aggettivo partenopeo deriva dal nome della sirena che nel Golfo di Napoli diede vita a ogni cosa: Partenope. Andiamo dunque ad esplorare le varie incarnazioni femminili a Napoli, con racconti che derivano da miti e leggende, ma anche con una piccola incursione nel “reale”. 

Il mito della donna nella città di Napoli: la sirena Partenope

La prima testimonianza di racconto relativo alla sirena Partenope e alla successiva fondazione di Napoli, si fa risalire all’Odissea. Secondo quanto narra il mito, Partenope – insieme alle sorelle Ligea e Leucosia – si getta in mare cercando la morte, dato che non è riuscita ad ammaliare Ulisse con il suo canto. Giunta nei pressi di Castel dell’Ovo, trova la morte trasformandosi in uno scoglio, generando la “base” su cui sarebbe poi sorta la città. Pare che la sua testa sia diventata la collina di Capodimonte, mentre la collina di Posillipo non sia null’altro che l’estensione della sua coda. La Sirena rimane ancora oggi il simbolo di Napoli e possiamo trovare una fontana a lei dedicata in Piazza Sannazaro. Senza contare che l’isola di Capri viene spesso definita “terra delle sirene”. Nelle parole di Matilde Serao, Partenope “la vergine, la donna, non muore, non ha tomba, è immortale, è l’amore”. L'anima stessa della città è quindi femminile, e i suoi abitanti continuano a celebrarla e a ricordarla ancora oggi.

Leggenda napoletana sulla donna: la fanciulla di Capodimonte

Sempre tra le leggende napoletane narrate nel libro omonimo di Matilde Serao, trova spazio una triste storia che vede protagonisti due giovani sfortunati. La fanciulla di Capodimonte è eterea, quasi evanescente. La Serao la descrive come “una creatura celestiale, una fanciulla bianca bianca, le cui forme quasi infantili si velavano in un abito candido”. Questa creatura pressoché incorporea, finisce con l'innamorarsi di un giovane che resta ammaliato da lei e non può fare a meno di domandarsi perché lei lo rifugga nonostante l’ami. La fanciulla rappresenta un ideale di amore, forse l'idea stessa di questo sentimento, nel momento in cui viene totalmente idealizzato. La fine di questa storia è drammatica, poiché il giovane innamorato, non riuscendo più a trattenersi, finisce con l’ abbracciare la sua pallida innamorata, frantumandola in mille pezzi. 

Lo spiritismo nella Napoli esoterica: Eusapia Palladino

Napoli con la sua doppia anima divisa tra sacro e profano, che dà sempre strizza l'occhio all'aldilà i culti pagani, non poteva che incontrare le pratiche di spiritismo così comuni nell'Ottocento. Famosa era a quei tempi una figura femminile, Eusapia Palladino, nata a Bari ma che aveva vissuto tutta la sua vita nella capitale campana. Per imparare il mestiere di medium, la Palladino era stata allieva di un importante nome del settore: Ercole Chiaia. La donna fu introdotta all’antropologo Cesare Lombroso, che sviluppò un grande interesse per il caso della medium. Dapprima scettico infatti, finì con il credere senza riserve ai poteri medianici di Eusapia. Molte volte le sue effettive capacità furono messe in dubbio e diversi studiosi arrivarono alla conclusione che si trattasse di un’abile imbrogliona. A un certo punto la sua fama era tale da richiederne la presenza all'Università di Harvard, dove pare che fu clamorosamente svelato un suo trucco. Ciononostante ci fu chi, come il professor Luigi Belloti, affermava che nessun altro medium era stato sottoposto a delle “rigorose esperimentazioni” come la Palladino, e pertanto questa si poteva considerare come la medium italiana più importante.