Belle Epoque: Napoli come Parigi

La storia dei Café Chantant ha inizio a Parigi a cavallo fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. In quell’epoca la città divenne simbolo della Belle Epoque, periodo della storia di grande benessere intellettuale ed economico in cui le persone erano alla costante ricerca di svago e spensieratezza.

I Cafè Chantant erano dei locali dove, oltre a servire ai tavoli, si dava la possibilità a chiunque di esprimere la propria arte. Inizialmente non erano molto frequentati, ma alla fine dell’Ottocento cominciarono a far concorrenza al teatro per portata di pubblico e calibro artistico.

Da Parigi il successo degli spettacoli dei Café Chantant si diffuse in tutta Europa, aumentando la concorrenza alla ricerca delle sciantose più belle e desiderate della città.

Napoli sarà la città italiana in cui gli spettacoli e i locali del Café Chantant avranno più successo, fino a diventare parte integrante del teatro partenopeo.


Napoli: lo stile parigino in una città italiana

Tra le città italiane, Napoli è stata quella che ne ha saputo trarre il meglio dalla tradizione di origine parigina. I primi café-chantant a Napoli furono: il “Flora”, il “Diodato”, il “Veneziano”, il “I Cavalieri”, tutti frequentati da artisti e ricchi borghesi.

Napoli poi renderà con il tempo i café-chantant qualcosa di autentico, trasformandoli in Caffè Concerto, con caratteri propri e distintivi tali da renderlo un’esperienza unica al mondo. L’idea fu di Luigi Stellato che assieme a musicista Francesco Melber fu autore della celebre canzone “A camesella”, un duetto tra una coppia di giovani sposi in cui lui invita lei a denudarsi per mostrare le sue grazie, dando così vita alla prima esibizione di uno spogliarello.

Nel giro di pochi anni i Caffè Concerto spuntano come funghi. Napoli poteva vantare locali come: Gambrinus, Caffè Turco, Circo del Varietà, Salone Margherita, Eden e tanti altri.

Il più famoso doveva diventare il Gambrinus che aprì nel 1890 e col tempo arrivò a rappresentare il maggior luogo di convegno di Napoli. Le sue sale, impreziosite da dipinti, marmi e stucchi, hanno visto passare tutti gli intellettuali ed artisti della Napoli ottocentesca, tra cui: Salvatore Di Giacomo, Eduardo De Filippo, Benedetto Croce, Libero Bovio, Enrico De Nicola.

Diretto concorrente del Gambrinus, era il Caffè Turco, aperto nel 1885, il cui proprietario era solito indossare un fez rosso in testa (da qui il nome). Durante questi anni si sviluppa anche la passione per il caffè, ormai bevanda simbolo della città, che rende quello napoletano il caffè per antonomasia. Esso incarnò così bene lo spirito napoletano da diventare anche oggetto di canzoni popolari.


La sciantose napoletane

La sciantosa era la cantante dei Café-Chantant, equivalente della chanteuse parigina. Le sciantose erano uno dei pezzi forti, assieme alle macchiette, dei loro spettacoli.

La vita delle sciantose è un quadro tutto luci ed ombre. Erano solitamente ragazze di povere origini che si buttavano nel mondo dello spettacolo per crearsi un proprio spazio nel mondo, gettandosi alle spalle tradizioni, luoghi comuni e tabù. Uno dei fattori che probabilmente spingeva questa ragazze del popolo a tale scelta piena di pericoli e delusioni, era la necessità di sopravvivere a qualunque costo, in un mondo dove la miseria e la disoccupazione erano una piaga inguaribile, specie per le donne. Ma proprio queste donne avevano dentro di loro anche quell’istinto e talento teatrale che le ha rese vere protagoniste del Café-Chantant.

Quasi tutte le sciantose usavano nomi francesi e parlavano con accento straniero, si costruivano un passato immaginario per aumentare fascino e mistero e millantavano storie d’amore con esponenti del jet-set. Le più ricche e famose si portavano dietro la claquer, ossia un gruppo di persone che, dietro compenso, applaudivano ed urlavano a dismisura durante la loro esibizione, accrescendo così notevolmente la quotazione dell’ingaggiatrice di turno.

Con il passare del tempo il loro ruolo divenne più prestigioso e professionale e questa trasformazione si avvertì anche nel vestire e nel comportamento. Le nobildonne che frequentavano i Caffè, cominciarono ad imitarle nei gesti e nell’abbigliamento, trasformandole in vere e proprie icone di charme e stile.


Galleria Umberto I e i più celebri Cafè-Chantant di Napoli

Galleria Umberto I è il simbolo della Belle Epoque napoletana, luogo del divertimento dove si trovavano i più celebri Cafè-Concert della città. Qui dentro, nel 1890 per merito dei fratelli Marino venne inaugurato l’elegante Salone Margherita. Esso ricalcò totalmente il modello francese, persino nella lingua utilizzata: cartelloni, i contratti degli artisti e i menù erano scritti in francese; così come i camerieri in livrea e gli stessi spettatori lì parlavano tutti in francese.

Nel Salone Margherita si diffuse anche la passione e il successo della canzone napoletana. Il teatro sorgeva in una parte sottostante della Galleria. Il pezzo forte dello spettacolo erano le ballerine che danzavano il can-can con le gambe scoperte, ma si esibirono anche artisti di fama internazionale come la spagnola Bella Otero e la francese Cleo de Mérode. Inoltre, il 30 marzo 1896 si diede il via alla “prima produzione di immagini in movimento”, cioè il cinema.

Nel primo dopoguerra iniziò il declino del Salone Margherita, che intanto era diventato il quinto cinema della zona Galleria Umberto I. Negli anni ’70 fu visto come luogo di perdizione con avanspettacoli e balletti, non più votati all’eleganza, che portarono alla sua chiusura nel 1982. Negli ultimi anni è stato riaperto ed utilizzato come pista da ballo per le serate di tango, ben lontano dallo spregiudicato can-can di fine Ottocento.