Il napoletano è forse uno dei tratti principali di Napoli, un vero e proprio marchio che conferisce ulteriore lustro alla città. Si tratta di una lingua unica, avente storia e tradizione che si riflettono anche nel presente. Dalle canzoni ai testi letterari, sono tante le tracce del napoletano che ritroviamo ancora oggi. Proprio le canzoni possono essere un esempio per sottolineare un chiaro tratto di diversità del napoletano rispetto all'italiano. 

Parliamo del rapporto con l'amore, del linguaggio amoroso che si vive e respira a nella città partenopea. A Napoli non si dice "ti amo", forse l'espressione più importante che viene pronunciata nel corso della vita di ogni persona. Andiamo a scoprire quali espressioni vengono invece utilizzate, aiutandoci con 5 canzoni molto diverse fra loro ma accomunate dall'amore espresso in napoletano. Un amore "alla napoletana", possiamo definirlo. 

5. "Me song 'nnammurat e te": Andrea Sannino - "Abbracciame"

Partiamo con una premessa: il napoletano dà risalto come pochi all'azione di innamorarsi. Difatti, si usa dure "me song 'nnammurat e te", dunque una forma riflessiva. L'amore si "riflette" su noi stessi, abbraccia solo noi, noi ne paghiamo le conseguenze, positive o negative che siano. Diventa quasi secondario il sentimento altrui, perché nel frattempo siamo noi ad essere tormentati dalla passione e dall'amore. Si tratta di una confessione a cuore aperto, un grido disperato d'amore, una affannata richiesta di aiuto. Del tipo, "me song 'nnammurat e te" e questa può essere la tua condanna o la tua salvezza, a te la scelta. E' una meravigliosa serenata "Abbracciame" di Andrea Sannino, che riassume appieno il pensiero appena espresso. 

La canzone è stata pubblicata nel 2015, divenendo presto oggetto di dediche profonde e innamorate da parte di tanti amanti. Tuttavia, è con la diffusione del COVID-19 che la canzone ha avuto una diffusione capillare e globale. Difatti, è stata la "colonna sonora" del lockdown, la canzone più suonata dai balconi di tutta Italia. E' stato un grido di speranza nel buio e nelle ceneri della primavera del 2020. Un abbraccio virtuale che però ha scaldato profondamente tanti cuori sofferenti e spaventati. Il testo è una dichiarazione profonda e genuina, di una spontaneità unica, a dare ulteriore valore all'innamoramento e alla sua irrefrenabile esplosività. "Abbracciame" ha salvato tante persone, insegnando e diffondendo amore laddove quest'ultimo sembrava quasi scomparso. 

4. "Oje vita mia": Anna Magnani - " 'O surdat 'nnammurato"

"O' surdato 'nnammurato" è probabilmente la canzone napoletana più napoletana di sempre. La sua storia ha un fascino e una tradizione eterna, nessuna sarà come lei. Probabilmente anche tra cent'anni verrà diffusa in città. Il poeta Aniello Califano scrisse il testo nel lontano 1915 con l'intento di raffigurare il sentimento di disperazione provato dai soldati nel congedarsi dalle rispettive donne amate. Da qui, non si contano nemmeno le reinterpretazioni canore che si sono susseguite nel tempo. Tra tutte, forse la più celebre resta quella di Anna Magnani, direttamente dal film La sciantosa nel 1971. L'interprete maschile più celebre è invece Massimo Ranieri, che la propose al pubblico l'anno successivo. 

Si tratta di versi unici, ricchi di malinconia e sofferenza per la lontananza dalla persona amata. Ci soffermiamo qui sul "Oje vita, oje vita mia", ovvero una tipica espressione napoletana. Difatti, è napoletanità pura usare il "Si a' vita mia" verso chi si ama, ancor di più appellare quest'ultimo direttamente "vita mia". Quasi strappa un sorriso nel momento stesso in cui lo si pronuncia, evoca una forma di affetto sereno e gioioso da ogni lato. Anche in questo testo addolorato c'è la promessa d'amore del soldato che giura amore eterno all'amata, alla "vita sua". Anche qui c'è speranza e c'è luce grazie all'amare. 

3. "M' manc": Geolier - "M' manc"

Cambiamo totalmente genere, epoca e dimensione per andare al banale ma eterno "mi manchi", che in napoletano diventa "m' manc". Per l'occasione, ricorriamo al rap napoletano dei giorni nostri e al suo massimo esponente, ovvero Geolier, all'anagrafe Emanuele Palumbo. Si tratta di un rapper nato nel 2000 che tra un pezzo banger e l'altro, riesce anche a registrare canzoni dense di romanticismo. E' il caso di "M' manc", canzone uscita nel 2020 con la collaborazione di Sfera Ebbasta e Shablo. Un pezzo che risultò un'autentica novità per la sua struttura innovativa, ovvero il ritornello che da napoletano veniva poi tradotto in italiano. Inutile sottolineare quanto il pezzo fu una hit incredibile che dominò le classifiche. 

Stranamente, non c'è alcun particolarismo, nessun espediente poetico o novità interessante. Il napoletano qui si equipara all'italiano nell'uso e nella forma del "mi manchi", una delle espressioni che più confessano amore. Mancarsi è una forma d'amare, e possiamo anche riprendere la canzone per sottolinearlo. Qui la mancanza è così forte da portare al soffocamento, alla morte. Ci si connette al respiro, manca l'aria se la persona amata non è con noi. 

2. "Picceré me faje asci pazz": Liberato - "Me faje asci pazz"

Restando nei giorni nostri, non potevamo non parlare di Liberato, ormai leggendaria figura dell'attuale scena musicale napoletana. Parliamo di "leggenda" poiché dopo quasi sei anni, era il 9 maggio 2017 quando tutto nacque, ancora non sappiamo nell'effettivo chi si celi dietro le sue canzoni. In ogni caso, pur non sapendo chi sia, possiamo tranquillamente sottolineare quanto esprima appieno l'amore e le sue sfumature nella lingua napoletana. Insomma, le sue canzoni sono un dizionario di napoletano accompagnato da musiche sempre ammalianti e interessanti. Innovazione continua che mantiene alto il nome della città ogni mese di maggio. 

Tra le tante canzoni di Liberato, abbiamo scelto "Tu me faje ascì pazz", pezzo contenuto nel primo album pubblicato nel 2019, sempre il 9 maggio. Si tratta dell'evoluzione partenopea del "mi fai impazzire", ma ovviamente in napoletano ha tutto un altro gusto. Si va dritti al sodo, mirati al punto, più diretti insomma. Citiamo anche il "m'arrevuot o' core", forse frase cult di Liberato, contenuta in "Me staje 'appennenn amò", brano iconico del cantante. Molto più difficile da interpretare il significato dell'espressione per chi mastica poco napoletano. La frase significa letteralmente "mi mandi sottosopra il cuore", ma ha senso così? Crediamo fermamente che non renda affatto il significato originale, l' "arrevuot" è unico nel suo genere, conferisce anche una certa "soddisfazione" nel pronunciarlo. Liberato è libertà, e nelle sue canzoni c'è una libertà d'amare tutta da insegnare e diffondere. 

1. "Te voglio 'bbene assaje": Lucio Dalla - "Caruso"

Chiudiamo in modo circolare, tornando alla questione originaria: il napoletano non dice "ti amo". La lingua napoletana non lo include nel suo uso, né nella quotidianità, né in forma testuale. Il napoletano usa, all'apparenza banalmente, il "te voglio 'bbene" per tutto. Che sia per un amico, per la persona amata, persino per un animale domestico, basta quest'espressione. Naturalmente, la forma è la stessa ma l'intenzione, il contenuto cambia drasticamente. Col "te voglio 'bbene" si afferma l'amore in forma purissima, con la sua più grande qualità: la generosità. Vogliamo il bene dell'altro, è il nostro desiderio, a prescindere dal nostro bene. Conta solo il "tu", l' "io" è messo totalmente in secondo piano. Questo perché in amore non esiste egoismo, per quanto in ogni caso col bene del "tu" si arrivi poi al bene dell' "io". 
Te voglio bene assaje Ma tanto tanto bene sai È una catena ormai Che scioglie il sangue dint' 'e 'vvene sai
Lucio Dalla

Colui che forse è il maggior rappresentante in musica del "Te voglio 'bbene" è Lucio Dalla, autore nel 1986 del capolavoro "Caruso". La base che forma l'intero testo è la storia di Enrico Caruso, il quale nel 1921 soggiornò a Sorrento dopo un'operazione a un polmone. Qui si innamorò profondamente di una donna, cantando per lei al pianoforte dal terrazzo, con la salute che lo stava ormai abbandonando. Dalla, appresa la storia nel corso proprio di un soggiorno a Sorrento, decise di farla proseguire. Immaginò il gridò di passione di Caruso, il quale urlava così un "Te voglio 'bbene assaje, ma tanto, tanto bene assaje". Un bene inossidabile, forte "come una catena". Nulla potrebbe scalfire mai un amore così puro e unico.